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Progettazione architettonica, funzionalità ed efficientamento energetico negli edifici ad altissime prestazioni

Gli edifici ad altissimo efficientamento energetico devono essere necessariamente brutti, sacrificando l’architettura alle prestazioni?

di Francesco Nesi, fisico edile e direttore di ZEPHIR Passivhaus Italia

È innegabile che archistar del calibro di Norman Foster, Kengo Kuma, Zaha Hadid, Renzo Piano siano riusciti negli ultimi 30-40 anni a realizzare capolavori di architettura combinati con gli aspetti più avanzati dell'efficienza energetica.

In taluni casi, importanti linee guida sono state tracciate grazie alla progettazione architettonica biofilica [1], esemplificata dalla famosa Casa sulla cascata di Frank Lloyd Wright ed incorporata in certificazioni internazionali come, ad esempio, i protocolli WELL e Living Building Challenge. 

Connettere gli occupanti alla natura grazie all'interazione fra interno ed esterno è diventato negli ultimi anni un aspetto sempre più rilevante, dal momento che passiamo più dell'80% della nostra vita in ambienti chiusi [2]. Limitazioni nella connessione interno-esterno e una qualità dell'aria interna scadente è spesso la causa della cosiddetta Sick Building Syndrome [3], ovvero la "Sindrome dell'Edificio Malato", introdotta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1986 e diagnosticata mediamente a una persona su tre a partire dagli anni Novanta.

Per questo motivo, l'impiego di materiali aventi bassissime emissioni di inquinanti aerodispersi e di sistemi di ventilazione meccanica con recupero del calore hanno permesso di limitare l'insorgenza di patologie come riniti, cefalee e altre forme di sensibilizzazione allergica.

Quando si punta a realizzare edifici ad alto efficientamento energetico, ma anche con elevate prestazioni in termini di salubrità, caratterizzati da determinate esigenze architettoniche e strutturali, particolari aspetti funzionali come sistemi ombreggianti o di abbattimento delle barriere architettoniche, diventa importante gestire con estrema cautela la sovrapposizione di ruoli e competenze in modo da ottenere il miglior risultato nel rispetto delle singole professionalità.

Museum of Arts in Ravenbsurg

Museum of Arts in Ravensburg
Fonte: metalocus, 10/2022 www.metalocus.es

Infatti, nell’ambito di un progetto architettonico, può capitare sovente che una trave strutturale diventi un inevitabile ponte termico e che una finestra installata sulla facciata nord di un edificio, necessaria per ragioni architettoniche ed illuminotecniche, abbia un bilancio energetico così negativo da dover essere ridimensionata. In altri casi velette, aggetti o rientranze dell'edificio, aventi puramente funzionalità estetiche, possono dare un contributo significativamente rilevante in termini di abbattimento degli apporti solari e di aumento delle dispersioni termiche. Tutte condizioni che, naturalmente, ostacolano l’ottimizzazione energetica dell’edificio.

Ecco che la cosiddetta "progettazione integrata" costituisce l'unico approccio possibile per affrontare degnamente progetti di edifici ad alte prestazioni, senza sacrificare l'una o l'altra competenza, ma trovando piuttosto il giusto punto d’incontro fra le varie esigenze.

Per tanti anni si è continuato a seguire un flusso di lavoro (e purtroppo anche oggi si tende a procedere nello stesso modo) in cui il committente si rivolge al progettista architettonico, che a sua volta si interfaccia con lo strutturista (ed eventuale geologo) e solo in ultima battuta ci si rivolge al progettista termotecnico, il quale riceve un progetto architettonico già abbondantemente pensato e in qualche misura già "chiuso". Magari a monte non c’è stata una composizione architettonica ragionata a 360 gradi, ma ci si è limitati a seguire i desideri del committente senza giustificare invece una scelta che tenesse anche conto dell’efficienza energetica: non è infrequente vedere dei progetti dove cucina e bagno sono collocati in posti diametralmente opposti o dove si hanno bagni non allineati fra diversi piani – ciò portando inevitabilmente ad un sovradimensionamento dei tubi di distribuzione dell’acqua calda sanitaria, che devono quindi essere coibentati maggiormente, dovendo attraversare lunghe tratte fino ai punti di presa, generando quindi inefficienze con ricadute negative sui costi. E lo stesso vale per la distribuzione dell’aria di rinnovo dell’impianto di ventilazione meccanica controllata: reti di canali non compatte portano inevitabilmente a dispersioni termiche e significativi cali di efficienza della ventilazione.

Questi errori a livello di progettazione architettonica preliminare si riflettono non solo sui costi per una maggiore coibentazione dei tubi o dei canali e per impianti di generazione del calore o di ventilazione più efficienti, ma hanno un impatto notevole anche sul comfort estivo: i tubi che distribuiscono l’acqua calda sanitaria all’interno dell’involucro termico disperdono calore per ogni metro lineare, diventando apporti termici indesiderati d’estate, e causando quindi un aumento della taglia dell’impianto frigorifero e dei consumi estivi per il raffrescamento.

South East College

South East College
Bennet Freehill, 10/2022 www.bennethfreehill.com

Spesso non c'è quindi spazio per modifiche che puntino all'ottimizzazione energetica perché ciò significherebbe rimettere in discussione progetto architettonico e strutturale, sforando il "monte ore" già previsto (e probabilmente già esaurito) nel budget complessivo.

Tuttavia, oggigiorno sono disponibili strumenti avanzati come la progettazione BIM (Building Information Modeling) [4], che permette di creare processi collaborativi e condivisi nell'ambito della progettazione architettonica degli edifici, caratterizzati da gradi variabili di complessità, consentendo di analizzare in maniera condivisa i singoli dettagli, pianificare, gestire e organizzare l'intero flusso di lavoro fra diversi professionisti.

In Italia queste tecnologie stentano ancora a farsi largo fra i professionisti coinvolti nel processo edile e si stima che solo un progettista architettonico su 3 lo utilizzi [5]. Una limitazione dovuta anche alla scarsa diffusione presso gli altri partner di un progetto, nonostante che a livello normativo se ne sia già introdotto l’uso obbligatorio dal 2019 negli appalti pubblici di opere di importo a base di gara superiore ai 100 milioni di euro, fino ad arrivare al milione dal 1 gennaio 2025 [6]. Considerando che siamo già verso la fine del 2022, forse dovremmo iniziare ad abituarci a lavorare in maniera collaborativa nello studio dei dettagli, delle scelte progettuali, nel concept LCA (Life Cycle Assessment o Analisi del Ciclo di Vita [7]) dei materiali utilizzati e nella gestione del fabbricato compreso il piano di manutenzione.

Mediante questi strumenti è quindi possibile stimare già in fase di progettazione architettonica i costi di gestione di un fabbricato, condividendo poi dopo la costruzione consumi e costi con i vari professionisti coinvolti, permettendo al Facility Manager di poter intervenire in tempo reale per affinare l’efficienza energetica e la resa soprattutto degli impianti elettrici, meccanici ed idraulici, effettuando dunque scelte consapevoli e suffragate dai dati monitorati delle performances del fabbricato. Ciò significa che è possibile programmare anticipatamente le decisioni da prendere in merito alle attività di manutenzione riducendo drasticamente i tempi di intervento, oltre a individuare a priori eventuali problematiche che potrebbero sorgere durante la fase di costruzione.

Uno degli stilemi dell’architettura contemporanea è rappresentato senz’altro dalla progettazione di ampie superfici vetrate, che da un lato permettono un miglior rapporto fra l’uomo e l’ambiente esterno, ma dall’altro provocano inevitabili conseguenze a livello di comfort abitativo, perché spesso vengono trascurati i necessari sistemi di ombreggiamento esterni per mere ragioni estetiche (architettura più “pulita” ed essenziale) o di manutenzione, puntando alla semplice applicazione di pellicole o vernici antisolari sulle vetrature. Per quanto l’impiego di questi sistemi di controllo solare possa essere risolutivo in alcune situazioni (difficoltà di manutenzione dovuta a edifici troppo alti, abbattimento del fattore solare dei vetri in zone caratterizzate da elevata radiazione solare, specialmente al sud Italia), generalmente essi vengono usati dal progettista architettonico senza criterio, proprio per la mancata interfaccia fra i vari professionisti in fase di progettazione preliminare. Di conseguenza, si ribalta l’onere del raggiungimento del comfort abitativo sui progettisti che tradizionalmente vengono coinvolti in una fase successiva, come ad esempio i progettisti termotecnici, che prima di tutto devono sovradimensionare il generatore di calore per compensare i minori apporti solari durante il periodo di riscaldamento, e poi si trovano anche a dover sovradimensionare gli impianti di raffrescamento a causa degli elevati carichi estivi sulle vetrature (parzialmente schermate tuttavia dai sistemi di controllo solare su menzionati), sui telai (che spesso non sono stati scelti a taglio termico), sui ponti termici dei vari elementi costruttivi (che per esigenze architettoniche si preferisce non risolvere), senza dimenticare il contributo dato da una generalmente scarsa tenuta all’aria che porta aria calda e umida all’interno del fabbricato.

South East College

South East College
Bennet Freehill, 10/2022 www.bennethfreehill.com

Anche l’applicazione di “boschi o giardini verticali” per rendere più “green” opere cementizie di altrimenti dubbia valenza architettonica dovrebbe fare i conti con i consumi di acqua e di energia elettrica fra fabbisogno diretto (pompaggio dell’acqua, innaffiamento automatico e manutenzione) e indiretto (potabilizzazione e trasporto dell’acqua, produzione dei fertilizzanti e biocidi se questo si rende necessario per il mantenimento del verde). Al contrario, boschi orizzontali o tetti verdi sarebbero una scelta altresì più sostenibile anche in termini di impatto ambientale, non necessitando neppure di irrigazione né di energia elettrica. In Italia e nel mondo sono infatti numerosi gli esempi di impiego del verde sugli edifici senza necessariamente impattare in maniera rilevante sull’ambiente, ma fornendo al contrario un contributo positivo al miglioramento della qualità dell’aria e al microclima locale.

Oggi è quindi possibile coniugare esigenze architettoniche, funzionalità e buone performance nell’ambito dell’efficientamento energetico in maniera sinergica, utilizzando modelli condivisi e studiando i dettagli nella logica della progettazione integrata fra le varie professionalità coinvolte. Se si punta a edifici ad alta efficienza energetica, non si può prescindere dal rivedere completamente il processo edile “classico” ripensando ruoli e responsabilità, cogliendo dunque la grande sfida della progettazione partecipata in una pianificazione dei progetti che consideri l’intero ciclo di vita di materiali e componenti nell’ottica dell’economia circolare [8].

IL METODO ITALIANO PER LA CASA PASSIVA

Il Metodo italiano per la Casa Passiva® nasce e si sviluppa grazie all'esperienza di Francesco Nesi, formatosi principalmente nel mondo tedesco, dove ha potuto attingere alle basi della tecnologia e degli standard di efficienza energetica più avanzati al mondo, come lo standard Passivhaus.

Il protocollo Passivhaus si sviluppa nel 1989 grazie al professor Wolfgang Feist con l’obiettivo di fornire al mercato un metodo (ad oggi ancora l'unico) in grado di rispecchiare esattamente le prestazioni energetiche attese migliorando anche del 90% le prestazioni di un edificio tradizionale.

A partire da queste basi così solide, il Metodo italiano per la Casa Passiva® vuole porsi come approccio concreto all’edilizia, specialmente nel mercato italiano, offrendo un algoritmo scientifico per la valutazione tecnico-economica degli interventi di efficientamento, avvicinando così i potenziali committenti a concetti di fisica edile altrimenti complessi da interpretare, rendendoli facilmente accessibili.

In altri termini, nel Metodo italiano per la Casa Passiva® si va ad affrontare un qualsiasi progetto di nuova costruzione o riqualificazione giustificando ogni intervento sia dal punto di vista del comfort abitativo che del risparmio economico sul ciclo di vita dell’edificio, alla ricerca della configurazione più ottimale, chiamata cost-optimum.

Oggigiorno si contano nel mondo più di tre milioni di m² di Passivhaus costruite e monitorate. Sono numerose le tipologie costruttive realizzate con questo standard, nuove costruzioni e ristrutturazioni, residenziali e non: edifici mono-plurifamiliari, scuole, uffici, musei, piscine, ospedali, supermercati, caserme dei vigili del fuoco, palestre, fabbriche, banche, centri commerciali, chiese e tante altre.

Moltissimi Comuni e Regioni hanno abbracciato questo standard costruttivo per le nuove costruzioni o danno premialità per chi certifica la qualità esecutiva con Passivhaus: a partire da Bruxelles, Vancouver, Hannover, New York, Freiburg, Vorarlberg, anche in Italia si annoverano decine di Comuni.

L'evoluzione dei sistemi di riscaldamento domestici.

“E tu, sei un progettista del XXI secolo?”
Fonte | Albert, Righter & Tittmann Architects

L’AUTORE

Francesco Nesi, ideatore del Metodo italiano per la Casa Passiva®, è fisico edile e ha vinto borse di dottorato e di ricerca nelle più importanti università tedesche e austriache.

Dall’anno di fondazione (2011) è direttore di ZEPHIR Passivhaus Italia, l'Istituto italiano che offre consulenza, formazione e certificazione per conto del Passivhaus Institut.

Dal 2007 promuove lo standard Passivhaus in Italia e nel mondo, divulgando il risparmio energetico e l'efficienza energetica in centinaia di seminari, corsi, workshop e convegni, aprendo nuovi mercati, sviluppando tool per l’ottimizzazione tecnico-economica e investigando dati climatici, tecnologie per il risparmio energetico e la salubrità ambientale.

È autore di pubblicazioni su riviste scientifiche e specializzate e del libro di riferimento in Italia sullo standard Passivhaus dal titolo “PASSIVHAUS”(Maggioli Ed.).

Coordina diversi team di progettazione e offre soluzioni pratiche per risolvere problemi che si manifestano sui cantieri elevando la qualità dei progetti che si presentano.

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BIBLIOGRAFIA

[1] Progettazione biofilica, Web: https://en.wikipedia.org/wiki/Biophilic_design

[2] Klepeis, N.E., Nelson, W.C., Ott, W.R., Robinson, J.P., Tsang, A.M., Switzer, P., Behar, J.V., Hern, S.C. and Engelmann, W.H., "The National Human Activity Pattern Survey (NHAPS): A Resource for Assessing Exposure to Environmental Pollutants", Journal of Exposure Analysis and Environmental Epidemiology, 2001. Web: https://eta-publications.lbl.gov/sites/default/files/lbnl-47713.pdf

[3] Sick Building Syndrome, Web: https://en.wikipedia.org/wiki/Sick_building_syndrome

[4] Progettazione BIM, Building Information Modeling, Web: https://it.wikipedia.org/wiki/Building_Information_Modeling

[5] AssoBIM BIM Report 2021, Web: https://www.assobim.it/download/5761/

[6] DM 560/2017. Web: http://www.mit.gov.it/sites/default/files/media/normativa/2018-01/Decreto%20Ministro%20MIT%20n.%20560%20del%201.12.2017.pdf; DM 312/2021. Web: https://www.mit.gov.it/nfsmitgov/files/media/normativa/2021-08/DM_2021-08-02_BIM.pdf

[7] LCA = Life Cycle Assessment o Analisi del Ciclo di Vita, Web: https://it.wikipedia.org/wiki/Analisi_del_ciclo_di_vita

[8] Economia circolare, Kneese, Allen V., "The Economics of Natural Resources", Population and Development Review, 14: 281–309 (1988). Web: https://it.wikipedia.org/wiki/Economia_circolare

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